Stephen Markley vive in California, ha frequentato l’Iowa Writers’ Workshop, uno dei più quotati programmi di scrittura creativa degli Stati Uniti, “Ohio è” il suo primo romanzo da poco pubblicato in Italia da Einaudi con la traduzione di Cristiana Mennella.
Quello di Markley è un esordio che fa discutere: voci e recensioni intorno a questo libro appaiono contraddittorie: i titoli dei giornali che contano sono roboanti, dal New York Times Reviews al Wall Street Journal parlano di un ritorno del grande romanzo americano ma a me pare solo una operazione commerciale.
Una notte d'estate, quattro ex compagni di liceo si ritrovano per caso nella città che hanno lasciato da tempo. Raccontando, ciascuno, un pezzo di verità, scopriranno prima dell'alba il segreto che ha segnato le loro vite.
“Difficile dire dove finisca questa storia o come sia cominciata, perché una delle cose che alla fine imparerete è che il concetto di linearità non esiste. Esiste solo questo sogno collettivo scatenato, incasinato, incendiario in cui nasciamo, viaggiamo e moriamo tutti”
Un romanzo costruito su quattro narratori principali che esprimono punti di vista diversi su quella che, in fondo, è un’unica grande storia che li lega e che si svela solo alla fine.
Markley scrive un romanzo decisamente ambizioso, in cui a tratti resta invischiato, al pari del lettore, che rischia di perdersi nel mare di dettagli, sottotrame, personaggi solo in apparenza secondari, innumerevoli tematiche e spunti.
La sensazione generale è quella di una gran corsa in un tempo sfuggente, in una gran confusione con continui flashback e sovrapposizioni.
Ne esce il ritratto brutale di una provincia da cui sembra non esserci scampo né spazio per la speranza, intrisa di degrado, discriminazione, violenza e traumi, così lontana dai consolatori ritratti dell’America rurale cui ci ha abituato una certa letteratura degli ultimi anni. Una provincia così desolata e vuota che ci si domanda se poi sia descritta in modo aderente alla realtà o non sia invece una lettura ideologica di una certa sinistra americana. Pare impossibile credere che tutto il mondo giovanile di questi personaggi ruoti solamente attorno allo sport, al sesso ed a stereotipati ed elementari elementi patriottici. Questi personaggi non hanno coscienza storica, non hanno ideali, non hanno profondità spirituale: vivono una vita edonistica e violenta.
Il romanzo è scritto in modo fluido e scorrevole, con uno stile buono anche se non particolarmente interessante; c’è una buona capacità narrativa ma risulta imperfetto ed anche un po pretenzioso: si incontra una limitatezza di interessi che rendono la narrazione angusta. Non c’è una vera ricerca né il tentativo di mettere a nudo la pochezza delle relazioni né l’ambiente soffocante né il malessere esistenziale. C’è una grande cura ed una dovizia di particolari nel descrivere gli effetti delle varie droghe compresa la combinazione di droghe diverse. A me sembra che l’interesse dell’autore non vada al di là dell’aspetto sessuale e questo per 530 pagine è snervante. Gli ultimi due capitoli sono i peggiori, con la deriva pulp che accende il fuoco d’artificio di sesso e violenza del finale. Il libro è chiaramente un libro commerciale, ha gli ingredienti giusti per farsi leggere anche da chi non ama leggere, è scorrevole e parla di intrecci sentimentali erotici con abbondanza di dettagli morbosi per chi ama il genere.
Ne scaturirà sicuramente un film (è gia scritto come una sceneggiatura cinematografica) con scene d’effetto all’americana.
Non lo consiglio a chi cerca qualcosa di bello da punto di vista letterario.