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E’ il romanzo d’esordio di Sana Krasikov, classe 1979, nata in Ucraina ed è cresciuta in Georgia e negli Stati Uniti, dove vive attualmente. Il primo spunto per la trama l’ha ricevuto da un amico, figlio di americani che decisero di trasferirsi in Unione Sovietica durante gli anni della Grande Depressione per sfuggire alla miseria e inseguire i propri ideali politici.
Il bellissimo romanzo di Krasikov è un’opera di grande respiro che ripercorre le vite di tre generazioni della stessa famiglia, in un contesto storico-sociale che fluisce tra gli Stati Uniti e la Russia,
Il romanzo parla, principalmente, del rapporto tra l’individuo e la Storia, tra idealismo e realtà, e investiga il concetto di patriottismo in tutte le sue sfaccettature: concetto apparentemente nobile ma facilmente strumentalizzabile,
E’ un romanzo colmo di riferimenti agli eventi storici che hanno avuto luogo dagli anni ’30 fino al 2008, dalla Grande depressione alle Grandi purghe staliniane, dalla Seconda guerra mondiale alla Guerra fredda, fin quasi ai giorni nostri.
‘Lei ha visto la Storia da un posto in prima fila.’
Il romanzo è costruito attraverso capitoli alternati tra passato e presente, tra la storia di Florence, del figlio Julian e del nipote Lenny; un intreccio complesso tra le loro vite e i contesti in cui si sono snodate.
Florence è da sempre affascinata dal mondo sovietico, di cui conosce abbastanza la lingua e le tradizioni che le sono state trasmesse.
Durante il difficile periodo della Grande Depressione Flo ha una grande voglia di smarcarsi dalle logiche familiari, si avvicina agli ambienti studenteschi che contestano il sistema capitalistico che ha prodotto la crisi; sulla scia dei movimenti femministi .
Idealista e nauseata dalle contraddizioni del proprio paese, Florence – nonostante il parere contrario della sua famiglia – decide di lasciare gli Stati Uniti per trasferirsi nella terra d’origine della nonna, inseguendo il sogno socialista e la promessa di un amore oltreoceano.
Sempre convinta della bontà della sua scelta di aderire alla costruzione della nuova società sovietica, Florence, nel precipitare degli eventi legati alle alle purghe staliniane, cade vittima della brutalità di un regime sempre più opprimente e rimane presto bloccata in un paese da cui non può fuggire. Il governo russo infatti requisisce i documenti agli stranieri tramutandoli di fatto in cittadini sovietici e il governo americano si guarda bene dal proteggere i suoi cittadini che, nella loro visione, hanno voltato le spalle al Paese, ritenendoli dei traditori che non vale la pena di riportare a casa.
In quegli anni Florence si lega a Leon Brink, il padre di Julian. Con Leon condivide gli ideali ma anche anni difficili, sia durante la Grande guerra patriottica, ma soprattutto dopo, quando la paranoia del sistema spionistico russo si rivolgerà i contro tutti, e in special modo – nel loro caso – verso gli ebrei russi, considerati colpevoli di un complotto contro l’Unione Sovietica. Florence subisce il ricatto del suo passato, è trascinata in un vicolo cieco di delazioni strappate con le minacce, in un claustrofobico sistema di sospetti che mettono in dubbio persino le amicizie più strette.
Questo clima di terrore si appropria anche delle loro vite; arrestati insieme, affronteranno un destino diverso, che porterà Leon alla morte e Florence al gulag in Siberia, dove dovrà scontare sette anni di lavori forzati.
IL figlio successivamente trasferitosi in America tornerà e potrà consultare i documenti del kgb sulla madre ormai desecretati .
Le verità che scopre non sono facili da accettare: Florence è stata vittima di un sistema che l’ha spinta a farsi complice, nel tentativo di salvare le persone che amava. Ma ciò che più ferisce la coscienza di Julian, è che sua madre non abbia mai condannato il sistema sovietico, che abbia continuato in parte a giustificare i sistemi adottati dal regime, in quanto, a suo modo di vedere, tendevano ad un bene superiore. Julian legge in questo patriottismo estremo, deciso a soprassedere anche sulle atrocità commesse verso milioni di cittadini, una distorsione colpevole.
‘Quello che non riuscivo a tollerare era la sua riluttanza a condannare il sistema stesso che aveva distrutto la nostra famiglia. Il suo rifiuto di contestare il male che mi aveva privato di un padre e mi aveva lasciato senza l’amore di una madre negli anni in cui un bambino ne ha più bisogno. (..) Negli anni Sessanta e Settanta, quando leggevo compulsivamente i samizdat, avrei voluto vederla cinica e disillusa quanto me. Avrei voluto vederla arrabbiata per le disgrazie che lei aveva dovuto subire: l’omicidio del marito, la separazione forzata dal figlio, i sette anni di prigionia, la fame e l’umiliazione. Che tutto questo non la facesse infuriare alimentava la mia collera. Perché mi costringeva a portare il fardello dell’ira per conto di entrambi. Il fatto che mia madre si ammantasse dell’abituale remissività dello schiavo mi spingeva a compatirla come una vittima dei suoi tempi, del suo orientamento politico, una vittima della sua pervicacia e delle sue illusioni. E, certamente, era stata una vittima, ma fino a quella sera non avevo valutato la possibilità che fosse stata anche qualcos’altro. La complice di quello stesso sistema di cui era stata la preda.
Che si trattasse di cittadini, di membri del partito, dei servizi segreti, degli apparati dello stato, tutti erano al tempo stesso vittime e carnefici in un gioco delle parti diabolico per salvarsi la pelle. Il bene e il male sono equamente distribuiti tra Russia e Stati Uniti, nessuno ne esce innocente, né da una parte, né dall’altra.
Un bel romanzo storico, ben scritto, ricco di riferimenti molto puntuali, di riflessioni esisitenziali, forse un po’ meno coinvolgente la parte storica più vicina a noi, comunque disillusa sulla possibilità che la Russia cambi.
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Le braci” è il romanzo più celebre dello scrittore ungherese Sándor Márai, pubblicato nel 1942. Il libro esplora con grande profondità e intensità psicologica temi come l’amicizia, il tradimento, il tempo, la solitudine e la vendetta, attraverso una narrazione intima e coinvolgente.
Il romanzo è ambientato nella lussuosa villa di Henrik, un vecchio generale austro-ungarico in pensione, che vive isolato in una foresta. Dopo quarantun anni, Henrik riceve la visita di Konrad, un vecchio amico d’infanzia. I due non si vedono dalla misteriosa partenza improvvisa di Konrad decenni prima, avvenuta in circostanze oscure. Durante una lunga notte, in un’atmosfera carica di tensione e aspettative, Henrik desidera scoprire la verità sugli eventi del passato, in particolare su un tradimento che ha segnato le loro vite e ha coinvolto anche Krisztina, moglie di Henrik.
Una delle forze principali del romanzo è la riflessione sui sentimenti umani. Attraverso i dialoghi e i monologhi interiori dei protagonisti, Márai affronta il tema della memoria e del risentimento, mettendo in luce come i rimpianti del passato continuino a influenzare il presente.
Entrambi si resero conto, in quegli istanti, che era stata l'attesa a dare loro la forza di vivere nei decenni trascorsi. Come accade a coloro che passano una vita intera a prepararsi per un unico compito e di colpo arrivano al momento di agire. Konrad sapeva che un giorno sarebbe tornato in quel luogo, e il generale sapeva che un giorno sarebbe giunto quel momento. Era stato questo a mantenerli in vita.
Il confronto tra Henrik e Konrad non è solo una resa dei conti personale, ma diventa una meditazione sull’ineluttabilità del destino e sulla natura dell’amicizia.
..il desiderio .. di strappare il corpo e l'anima di un'altra persona al resto del mondo per possederla in maniera esclusiva. Il senso dell'amore e dell’amicizia è tutto qui. La loro amicizia era seria e silenziosa come tutti i grandi sentimenti destinati a durare una vita intera. E come tutti i grandi sentimenti anche questo conteneva una certa dose di pudore e di senso di colpa. Non ci si può appropriare impunemente di una persona, sottraendola a tutti gli altri.
Inoltre si resero conto, sin dal primo istante, che quell'incontro li avrebbe vincolati per tutta la vita.
Quelle donne avevano portato nella loro vita lo smarrimento dei primi amori e tutto ciò che significa l'amore: desiderio, gelosia, e un disperato senso di solitudine. Ma al di là delle donne e del mondo balenava un sentimento più forte di tutto il resto. Un sentimento, noto soltanto agli uomini, che si chiama amicizia.
Il romanzo suggerisce che le nostre azioni sono spesso determinate da forze invisibili e che i legami più profondi possono essere spezzati da incomprensioni, desideri non espressi e segreti mai rivelati.
«Il sentimento è più forte di noi, più fatale». A quel punto sapevano già che era vano opporsi al destino, il quale decretava che sarebbero vissuti insieme: Avevano sorriso, pallidi e turbati.
Il tradimento non viene trattato solo come un fatto di cronaca, ma come una ferita morale che continua a bruciare nel tempo, da qui il titolo Le braci, simbolo del fuoco che si è spento ma che continua a covare sotto la cenere.
Il romanzo è anche una riflessione su un epoca che segna la fine dell’impero austroUngarico:
la sicurezza di cinquanta milioni di esseri umani si basava su questa consapevolezza: che l'imperatore si coricava prima di mezzanotte, si alzava alle cinque del mattino e sedeva nella sua poltroncina americana di vimini, a lume di candela, davanti alla scrivania, e che tutti gli altri, quelli che avevano giurato fedeltà al suo nome, obbedivano alle consuetudini e alle leggi. Naturalmente bisognava obbedire anche in un senso più profondo di quello prescritto dalle leggi. L'obbedienza si portava iscritta nel cuore, era questa la cosa più importante. Bisognava aver fede nel fatto che tutto fosse in ordine.
E sulla valutazione di quel mondo in divenire I due amici si rivelano alla fine molto diversi : uno disilluso e Pragmatico, l’altro idealista e nostalgico
«Tutto ciò a cui giurammo fedeltà non esiste più» dice l'ospite gravemente, e solleva a sua volta il bicchiere. «Sono tutti morti, oppure se ne sono andati, hanno rinunciato a tutto quello che giurammo di difendere.
Esisteva un mondo per il quale valeva la pena di vivere e di morire. Quel mondo è morto. Quello nuovo non fa più per me. E tutto ciò che posso dire».
«Per me quel mondo è sempre vivo, anche se non e-siste più nella realtà. È vivo perché gli ho giurato fedeltà. E tutto ciò che posso dire».
«Sì, tu sei rimasto un vero soldato» risponde Konrad.
Lo stile di Márai è elegante e raffinato, caratterizzato da una prosa densa e introspettiva, dove ogni frase sembra misurata e ricca di significati nascosti. Il ritmo è volutamente lento, costruendo un crescendo di tensione che culmina in un confronto finale tanto atteso quanto ambiguo. L’atmosfera del romanzo, sospesa tra passato e presente, conferisce al testo un’aura malinconica e quasi metafisica.
Quella sì che era una generazione in gamba, pensò il generale mentre guardava le effigi di parenti, amici e commilitoni di suo padre. Erano uomini splendidi, benché di natura un po' schiva, poco portati a vivere in armonia col mondo, orgogliosi; però credevano in qualcosa: nell'onore, nelle virtù virili, nel silenzio, nella solitudine, nella parola data, e anche nelle donne. E quando subivano una delusione, si rifugiavano nel silenzio. La maggior parte di loro aveva trascorso in silenzio la vita intera, dedita ai propri doveri e all'osservanza del silenzio come all'adempimento di un voto.
“Le braci” è un’opera che colpisce per la sua profondità emotiva e intellettuale. È un romanzo che parla del dolore silenzioso che scorre sotto la superficie delle relazioni umane e di come il tempo e il silenzio possano acuire le ferite anziché guarirle. La sua lettura richiede pazienza e attenzione, ma la ricompensa è una riflessione intensa e duratura sui rapporti umani e sulle scelte che facciamo nella vita. Un’opera imprescindibile per chi ama i romanzi che esplorano l’animo umano con grande sensibilità e intelligenza.
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Abel è stato definito dal suo autore “un western metafisico”.
Il romanzo condensa la storia spirituale del protagonista, le vicende particolari della sua famiglia e una storia d'amore in un racconto visionario che esce da una precisa struttura temporale.
Onnipresente il fascino del grande Ovest e la ricerca delle motivazioni che spinsero quegli uomini così lontano, metafora della vita:
“Era l’Intatto. Dimorava nell’apparente assenza dell’animale uomo” …”così lontani da tutto che noi eravamo tutto, e il nostro nulla l’unica notizia.”
“Mi colpiva come nessuno avesse una reale motivazione per aver attraversato l’indicibile… Erano andati avanti inanellando una serie impressionante di mete parziali, frutto di progetti insignificanti, non di rado codardi. Ecco tutto. Così imparai che la sovrapposizione nel tempo di trascurabili decisioni venate di viltà può portare lontano.. e perfino a una forma di poetico eroismo. L’epopea delle teste di cazzo.”
Uno dei motivi dominanti del libro è l’incontro tra l’uomo bianco e la saggezza ancestrale dei natives. Nella lista dei libri citati dall'autore, non a caso, c’è Alce Nero parla, di John G. Neihardt. È la storia di un guerriero e sciamano sioux che combatté contro il generale Custer a Little Big Horn.
“Non ci passava nemmeno per la testa che fossero umani. Ci volle del tempo. … erano parte dell’intatto …Come i cervi, le aquile o i lupi. Animali, li abbattevamo. Bestie feroci, ci abbattevano”
La saggezza dei nativi e’ espressa dalla giovane Bruja che profetizza ad Abel la sua rinascita (dopo la lunga malattia: forse un richiamo all’esperienza personale dell’autore)
“Il Giudice le chiese cosa sapeva lei dell’anima. … Ce n’è una sola, disse la bruja…Ogni anima è l’unica anima, e noi tutti un unico respiro…. Ho vissuto giorni interi che tu credi siano stati tuoi. Siamo tutti orme gli uni degli altri. “
“Il nostro libro sacro, disse la bruja, Corre fino all’orizzonte… il testo non è finito, e a scriverlo, ogni giorno e ogni notte, sono i passi degli uomini…. noi passiamo sulla Terra leggeri, nomadi, quasi invisibili. Siamo una mano che scrive. Segni, sulla Terra. Di un’unica mano”
Ha ventisette anni, Abel, quando diventa leggenda. Ha messo fine a una rapina sparando simultaneamente con due pistole contro obiettivi diversi. È lo sceriffo della cittadina di un Ovest immaginario ed è innamorato di Hallelujah Wood, una donna che ha addosso una specie di mistero
La nozione del tempo è dilatata e mai lineare ma ricostruibile mettendo insieme i capitoli come le tessere di un puzzle.
Il western che descrive lo sentiamo vero, ci immaginiamo le aspre vallate e sentiamo, leggendo, le note inconfondibili delle colonne sonore di Sergio Leone.
Momenti di descrizione e di riflessione (anche filosofica) si alternano e si fondono in tutto il romanzo ma la trama narrativa è ben congegnata e l’attenzione non si perde mai.
“Disse che il caso esiste, sì, ma di rado. È una variante periferica del reale. Aggiunse che quando si è vissuto abbastanza per capire, quel che si capisce è che siamo segmenti di figure più ampie. Incapaci di leggerle, vediamo accadimenti casuali dove invece sfila il profilo di forme in cui sono scritti i nomi del mondo–immani pittogrammi. Con una certa imprecisione, molti definiscono quella scrittura–innata all’uomo–con la parola destino.”
Molto interessante la riflessione sull’entelechia
“…entelechia, per nominare quella tensione che straziava il mondo intero, il suo transitare da intenzione a cosa…
…quando gli chiese dove aveva imparato a sparare così bene lui aveva risposto: in tutto il tempo che da bambino sono rimasto in silenzio, a immaginare…
… a quella distanza, avrebbe detto il Maestro, non sei padrone del tuo destino e del suo. Chi ne è padrone, allora?, gli avevo chiesto. L’intenzione, disse. Lui era convinto che chi immagina con purezza e forza contrae allora lo spazio dell’errore a un soffio, a una sfumatura. Diceva che se un cuore forte imprime un’intenzione al creato, lo crea.”
Bellissimo l’episodio del vecchio che illustra la sua sella ai ragazzi, esercizio letterario raffinato che richiama la descrizione fatta da Omero dello scudo di Achille.
La musicalità del romanzo ci spinge più che alla lettura all'ascolto, le parole, nelle mani di Baricco, si fanno note.
“La luce che scivola verso l’orizzonte predica qualcosa che non capisco, ma intanto accompagna splendida il mio andare. Seguo le orme sulla pista, sono una profezia che si avvera, scortata da remoti voli d’uccello. C’è da rimanere secchi dalla gratitudine e dalla consolazione. Voglia questo istante non abbandonarmi mai, e diventare parte di me, vita contro la morte, sangue sotto la pelle.
La brillantezza dello stile di Baricco si ritrova nel suo saper essere sia spirituale che spiritoso in modo diretto, ironico e spiazzante.
“Fammi esplodere quella chiesa, David, e al resto ci pensiamo io, Joshua e Abel.
È la casa del Signore, Lilith.
Stiamo parlando di uno nato in una grotta, David. Se la caverà.”
Nel mondo di Abel tutto scivola in una dimensione spaziotemporale inafferrabile. Inafferrabile come l’ultraterreno, quello che rimane un mistero tranne che si prendano per buone le Scritture.
Ci sarebbero mille altre citazioni e riflessioni perché è un romanzo breve ma densissimo con tanti spazi vuoti per accogliere le nostre risposte.
“La vita corre comunque, non ha bisogno di noi per farlo. Corre di padre in figlio, nei gesti più stupidi e nelle grandi curve della Storia, corre dappertutto e in ogni direzione. Noi c’entriamo poco, fa tutto da sola. Se vi dovesse accadere di incrociarla, non abbiate paura. Datele una mano e godetevi lo spettacolo.”
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E’ un romanzo di formazione pubblicato da Charlotte Bronte nel 1846
lo stile può risultare a tratti un po’ pesante con descrizioni dettagliatissime della Natura che sembra sempre partecipare alle vicende degli uomini con i suoi colori, i suoni , il freddo, il calore, la pioggia ed i venti.
Descrive una storia d'amore terribilmente attuale, nella quale un uomo e una donna, entrambi mai ritratti come affascinanti, ma dei quali, piuttosto, vengono spesso sottolineati i difetti per mettere in luce il loro non essere perfetti né in linea con i canoni dell'epoca, si innamorano l'uno dell'altra prima ancora di essersi davvero guardati. Perché l'amore non risiede nell'aspetto fisico o nelle regole che la società impartisce, ma in due anime destinate a incontrarsi.
È un testo importante con una suspance che non cala. La protagonista è una giovane donna guerriera nell'animo che sa sovvertire i paradigmi sociali. In ogni pagina vi è un riferimento biblico. Il testo è intriso di religiosità e rispecchia il conflitto interiore vissuto a metà ottocento tra passione e ragione, tra dogma e disinibizione. Impressionante la finezza dell'introspezione psicologica, quasi chirurgica, dei personaggi.
Non c'era ancora la psicoanalisi, il testo è condizionato da un approccio fisiognomico ma davvero incredibili sono le conclusioni di natura psicodinamica a cui arriva la protagonista, nei suoi incontri con altri esseri umani.
Cita diversi brani delle Lettere di San Paolo: e allora quando Jane, di notte, nei pressi del castello, vede giungere al galoppo un cavaliere scuro e all'improvviso il cavallo scivola, si vedono scintille sul selciato e il caliere stramazza a terra e lei lo raccoglie, stordito, come si fa a non pensare alla caduta di Paolo sulla via di Damasco? Tanto più che da quel rialzarsi ammaccato il cavaliere troverà, attraverso Jane, una sua lenta, faticosa salvezza, passando anche lui dalla cecità"…Buio e luce, catarsi, natura, amore, destino
Charlotte Brontë descrive tutte le sfaccettature della psiche della sua eroina, dotandola di una potente e irrefrenabile indole, che scalcia e si ribella al corpo esile e alla mente razionale della sua protagonista.
“Io devo badare a me stessa. Quanto più sono sola, quanto più priva di amici, quanto più indifesa, tanto più devo rispettarmi […] Le leggi e i principi non sono validi solo quando non c’è la tentazione: valgono per momenti come questo, quando il corpo e lo spirito si ribellano al loro rigore”
Il Romanticismo è vissuto e descritto in maniera realistica: prevalgono la razionalità e il controllo delle emozioni.
La sua resistenza all’amore passionale e impulsivo di Mr. Rochester deriva da una fermezza dei propri principi e valori oppure da un’eccessiva diffidenza e timore di essere ingannata?
Charlotte Brontë non dà una risposta certa a questo quesito, ma a un certo punto del romanzo costringe la sua eroina a confrontarsi con le sue paure: l’incontro con St. John Rivers, prete di un’umile parrocchia della campagna inglese, diventa uno specchio davanti al quale Jane Eyre non intende sostare neanche per un secondo; Rivers rappresenta l’essere umano che reprime i propri sentimenti e sessualità in nome dell’amore divino e dei propri doveri di missionario. Un confronto acceso con St. John, diventerà catartico e rivelatore per la protagonista.
Jane è un'eroina anticonformista che, con un animo indulgente ma mai debole, composta e obbediente ma animata da un fuoco interiore che le impedisce di piegarsi alle ingiustizie, combatte la sua battaglia personale in nome della propria indipendenza e dei propri principi. Con battute sarcastiche e una compostezza quasi irritante, riesce ad aprire così tante crepe nell'armatura del suo datore di lavoro, il cupo e affascinante Mr. Rochester, da smuovere in lui una passione così prepotente e selvaggia come solo pochi individui hanno il privilegio di sperimentare.
Suspance e mistero, colpi di scena e il riscatto di una donna che è diventata ciò che ha sempre voluto essere grazie soprattutto a se stessa.
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Jon Fosse ha vinto quest’anno il premio Nobel per la letteratura. In Italia è uno scrittore praticamente sconosciuto forse perché non facile da affrontare.
Mattino e sera e un romanzo esilissimo che si dipana in un clima sospeso. Non troverete punti nel testo , la narrazione è un flusso continuo , come il mare, non ci sono punti fermi tutto scorre liquido, senza direzione.
Il minimalismo di Fosse è anomalo e screziato, segmentato dalle continue ripetizioni grammaticali e di concetto. «Scrivere per me è più un atto musicale che intellettuale… Intorno ai 12 anni ero immerso nella musica. Nella scrittura cercavo di trovarmi nello stesso stato d’animo di quando suonavo. E il modo per arrivarci era ripetere». In ossequio alla musica, anche la figura stilistica della variazione è centrale nella tessitura. Immagini e impressioni rimbalzano sulla tela del racconto, rimpallate, da un personaggio all’altro, in un gioco di riflessi estenuante, quasi sadico. Aggettivi e sinonimi sono ridotti all’osso. Lo scambio comunicativo è uno stretto sentiero tracciato nella radura del silenzio. I dialoghi sono prosciugati fino al limite del non-dire e alimentati dal fuoco freddo della meraviglia. Ne risulta un distillato di espressioni catatoniche, febbrili, precise
Veniamo alla trama :
Johannes nasce. Stacco. Johannes muore. C’è un salto temporale lungo una vita intera, l’esistenza ordinaria di un pescatore del nord, con moglie e figli, che si intuisce tra le righe, senza essere raccontata.
….piccolo Johannes, vedrà la luce del mondo perché è cresciuto grande sano e bello nell’oscurità e nel calore della pancia di Marta, dal non esistere assolutamente si è trasformato in un essere umano, un bambino, … verrà alla luce in questo mondo freddo dove sarà solo, separato da Marta, separato da tutti gli altri, sarà solo sempre solo e poi, quando verrà il momento, quando sarà la sua ora, si dissolverà e si trasformerà in nulla e ritornerà là da dove viene, dal nulla e al nulla, questo è il corso della vita, ….sì, pensa Olai e poi c’è ancora molto di più, pensa, perché anche se si può pensarla così, dal nulla e al nulla, in realtà non è neppure questo, è molto di più, ma che cos’è allora tutto il resto? il cielo blu, gli alberi a cui spuntano le foglie?
L’attenzione si focalizza sui sentimenti di quest’uomo nel momento in cui viene al mondo – i pensieri disarticolati di chi ancora non sa nominare ciò che sente: “ e poi l’urlo chiaro e nitido è chiaro e nitido come una stella e poi come un appellativo un significato un vento questo respiro un respiro tranquillo e poi calma calma movimenti tranquilli e il panno morbido e il biancore non così vecchio” .
Si può dire che parla di questo, Mattino e sera. dello stupore , all’inizio come alla fine della vita. La metafisica è assente, Fosse non ha intenzione di raccontare più di quello che ciascuno di noi già sa. Si limita a registrare i pensieri, nel modo più fedele possibile; ed è abbastanza impressionate il grado di identificazione che riusciamo a trovare con i percorsi della mente più quotidiani e inconsci di Johannes.
E’ una scrittura introspettiva che si ferma a raccontare ogni passaggio da una sensazione all’altra, i salti rapsodici che il cervello compie tra i vari imput ricevuti, l’oscillazione senza controllo tra i ricordi e il presente.
In Mattino e sera non vi è uno stacco netto tra le varie dimensioni dell’essere, naturali e sovrannaturali, fisiche e spirituali, bensì provvisoria compenetrazione
L'aspetto più bello del romanzo è il modo in cui Fosse mette in scena la morte. Il presente di Johannes, negli attimi in cui sta lasciando la vita terrena, diventa onnipresenza di tutti i momenti del passato. Il tempo si scompone – è possibile incontrare una ragazza che anni prima ha ignorato la nostra lettera d’amore, è possibile rivedere una moglie morta, i figli da bambini, sé stessi nelle varie sfumature assunte. Tutto questo, stavolta, in modo assolutamente ben strutturato, leggibile. Il romanzo racconta meravigliosamente il flusso immaginario e scomposto dei tempi della vita quando li pensiamo.