Lavoro nel complesso modesto (da un premio Nobel ci si aspetterebbe ben altro): lento, confuso, noioso, solo a sprazzi riesce ad affascinare il lettore: è un libro che si può leggere saltando da un frammento all’altro, avanti e indietro. Vagabondi, il racconto che dà il titolo al libro, è ambientato nella metropolitana di Mosca che inghiotte Annuška, madre di un figlio disabile, in fuga da casa sulle orme di una senza tetto. La considerazione finale è piuttosto deludente, quanto il racconto avvincente. Il libro diventa interessante sono quando Olga Tokarczuk viaggia nel passato attraverso l’anatomia: uno schiavo nero diventa gentiluomo a Vienna prima di finire impagliato in un museo, il cuore di Chopin viene portato da Parigi alla Polonia in un vaso di vetro sotto la gonna della sorella Ludwiga e Philip Verheyen scopre il tendine d’Achille dopo avere subito l’amputazione della gamba... Non mancano racconti di viaggio contemporanei, ma scivolano via senza lasciare alcun segno, accompagnati da riflessioni spesso banali e superficiali, espresse in maniera convoluta. Da bambino Angelo Soliman viene portato dall’Africa in Europa, diventa un gentiluomo asburgico, amico dell’imperatore Giuseppe II e di Mozart. Nel 1786 sposa Magdalena Christiani, vedova di un generale, dalla quale ha una figlia, Josephine. Il suo corpo viene esposto nel gabinetto delle meraviglie di Francesco I. Josephine supplica l’imperatore di concedere al padre una sepoltura. In Europa era difficile allora vedere «un negro» perché gli schiavi finivano nelle piantagioni delle Americhe. La vita e soprattutto la morte di Soliman vengono raccontate dalla Tokarczuk sotto forma di suppliche scritte dalla figlia a Francesco I. Più cruenta e spietata la vicenda dell’anatomista Philip Verheyen. Non è il viaggio di un corpo a essere narrato, ma dentro un corpo. Nato in un borgo delle Fiandre Verheyen è lo scopritore del tendine di Achille. Studente di teologia si dedica alla medicina dopo avere subito l’amputazione. La Tokarczuk descrive il rapporto scientificamente morboso tra l’anatomista e l’arto. La carne è spirito in un diverso stato, come sostiene Spinoza, e la materia è un mistero solo apparentemente sondabile. Schiavi, tendini e cuori sono le parti più riuscite di un libro che fa di tutto per sfuggire a ogni etichetta, come certe mostruosità che l’autrice ha visitato in alcuni musei: il Josephinum di Vienna, il Boerhaave di Leida, il Vrolik di Amsterdam, il Mütter di Philadelphia...